Retroscena

Storia di quando Anne ha salvato i miei pantaloni con una Toyota Oekaki

Questa è la storia di una traduttrice francese, di una macchina da cucire verde fluorescente e di come un passante dei miei pantaloni si è rotto durante una pausa pranzo come un’altra a Zurigo. E, soprattutto, è una risposta efficace alla domanda: a cosa serve una macchina da cucire al giorno d’oggi?!

«Questa macchina da cucire non mi convince molto», dice Anne Chapuis, traduttrice. Quello che molti all'interno e all'esterno dell'azienda non sanno è che Anne si sta formando come sarta e distribuisce la sua piccola collezione sotto l'etichetta Swanne.

Di fronte ad Anne, sul tavolo caotico dell'ufficio marketing, si trova la Toyota Oekaki. Anche se Anne ha già letto recensioni positive su questa macchina da cucire, non le piace. Soprattutto perché è realizzata in plastica lucida, che la fa sembrare una macchina di scarsa qualità. In ogni caso, Anne è costretta a usarla, perché se ne è autoconvinta e perché è l’unica soluzione al nostro problema.

Mettiti al lavoro, Anne!

Torniamo un po' indietro. Di circa dieci minuti, per la precisone. Anne mi vede camminare per l'ufficio. Ho appena preso la mia bottiglia di coca fresca dal frigorifero e sono tornato alla mia postazione. C’è qualcosa che ancora non so, ma che non sfugge all’occhio attento di Anne: uno dei passanti della cintura dei miei pantaloni si è rotto. La cosa onestamente non mi importa, perché i Carhartts sono i miei pantaloni da lavoro e devo comunque metterli in lavatrice. Per farti capire meglio di cosa sto parlando:

  • un tempo erano neri, ora hanno una strana patina color rame
  • il ginocchio destro è consumato, perché mi ci appoggio sempre sopra per scattar foto
  • i passanti della cintura sono tutti molto usurati, uno addirittura strappato

E tutto questo non mi dà alcun fastidio. Un giorno, questi pantaloni saranno completamente distrutti e avranno un certo fascino post-apocalittico. Senza l’odore corrispondente, naturalmente. Ma Anne è preoccupata per il passante della cintura, non per i pantaloni.

«Vuoi che te li aggiusti al volo?», chiede. Sappiamo entrambi che questa è una domanda retorica, quindi glieli consegno e ne metto su un altro paio, che sono una nuova versione dello stesso modello. Così nuovi, ancora così neri, ancora così stretti. Ma diamo tempo al tempo. Miglioreranno, lo so. Perché i pantaloni più comodi sono sempre quelli conciati peggio?!

Ago e filo alla mano

Per riparare i miei pantaloni «neri», Anne sceglie deliberatamente un filo bianco.

«Fanno un bel contrasto», dice.

Dal momento che non so assolutamente nulla di cucito, mi limito ad annuire. Fissa alla macchina un grafico nero che elenca tutti i punti che può utilizzare. Ce ne sono più di 50 in totale: punti lunghi, punti corti, punti croce e punti ricamo in filigrana. Anne ne cerca uno forte e semplice, che possa dare l’impressione che sia stato io a ripararli. L’importante è che il passante tenga e non si strappi più, e che trasmetta un aspetto mezzo usurato come il resto dei pantaloni.

Anne procede con il punto a mano libera, che viene pubblicizzato da Toyota.
Oekaki – termine giapponese «お絵描き» – si traduce approssimativamente in «L'atto di disegnare un'immagine» e dovrebbe fare proprio al caso nostro, perché è perfetta per ornamenti e motivi. Anne imposta la velocità dell'ago a 1, che, con una mano ferma, permette di realizzare punti lunghi e pieni.

La riparazione in sé richiede meno di un minuto.
La riparazione in sé richiede meno di un minuto.

Ma, prima di avventurarsi sui miei pantaloni, fa un test su un pezzettino di tessuto con una stampa di mosche che ha trovato lì in giro. Dopo tutto, i punti devono essere perfetti sui pantaloni. E se i miei pantaloni dall'aspetto usurato vengono riparati con punti fatti male, posso buttarli direttamente nella spazzatura. O qualcosa del genere. Insomma, in quel caso li avrei tranquillamente potuti lasciare così com’erano.

Nell’arco di un minuto, il passante è di nuovo al suo posto.

«Non so quanto terrà», dice, «o se potrai riutilizzarlo con una cintura».

Poi si ferma un secondo e sospira.

«Ma credo che in ogni caso non ti interessi», aggiunge.

E ha ragione.

Divertiamoci un po’

Poiché in fin dei conti stiamo facendo un test altamente, incredibilmente scientifico su una piccola macchina da cucire verde fluorescente, chiedo ad Anne qual è il suo verdetto.

«In realtà non è male», dice.

Sembra che non abbia nient'altro da aggiungere. Poi prende il pezzo di tessuto con le mosche e mi chiede quale punto mi piacerebbe provare. Prima che io possa rispondere, preme il pulsante «più» sul display e seleziona il numero 25. Un motivo circolare. Tende un filo rosso nella parte superiore e uno bianco nella parte inferiore.

Il pannello di controllo dell’Oekaki.
Il pannello di controllo dell’Oekaki.

Il tic, tic, tic, tic ormai familiare della macchina riempie l'ufficio marketing e crea motivi circolari sul tessuto-mosca.

«Mmmmh», canticchia Anne.

Abbasso il mio Sony a7s ii, con cui ho fotografato il tutto, e la guardo con un grosso punto interrogativo sulla fronte. Penso che stia cominciando a sospettare che non ho davvero la minima idea di macchine da cucire e cose del genere.

«Vedi i punti bianchi sulla cucitura superiore? Significa che non ho teso il filo in modo corretto».

Filo teso in modo errato (sinistra) vs. Filo teso in modo corretto (destra).
Filo teso in modo errato (sinistra) vs. Filo teso in modo corretto (destra).

Gira la ruota che regola la tensione del filo e riprova. Funziona. Il punto successivo è il numero 46, una specie di catena montuosa. Anne gioca. Ovviamente la macchina, che secondo lei «non è male», le piace molto di più di quanto non si aspettasse.

«Sarò onesta», dice la traduttrice-sarta. «Cucire con questa macchina mi piace. Parecchio».

Perfetto.
Perfetto.

Non le resta molto tempo per sperimentare con la sua nuova macchina da cucire. Dopo tutto, ci sono testi in attesa di essere tradotti. Guardo i miei pantaloni e i loro punti bianchi: bene, sono proprio come dovrebbero essere. Mi siedo e scrivo. È la storia di una traduttrice francese con ottime capacità sartoriali che mi ha aggiustato un paio di pantaloni in ufficio.

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Giornalista. Autore. Hacker. Sono un contastorie e mi piace scovare segreti, tabù, limiti e documentare il mondo, scrivendo nero su bianco. Non perché sappia farlo, ma perché non so fare altro.


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