Opinione

Stirare è una sofferenza autoinflitta

Lavo i miei panni – separando addirittura i capi scuri da quelli chiari – e appendo con cura i vestiti ancora bagnati sullo stendipanni. Sono faccende che non mi danno alcuna soddisfazione, ma sono necessarie. Se c’è una cosa che invece mi rifiuto di fare, è stirare.

Prima di trasferirmi a Zurigo un anno fa, ho smistato tutti i miei averi. Tra le altre cose, un ferro e un’asse da stiro, ricevuti dalla nonna di un mio ex ragazzo. Dato che non ho voluto adottare il ruolo di «casalinga anni ‘50» e tantomeno costringermi ad uno stile di vita che non fa una piega, li ho dati ad un’amica che li usa almeno un paio di volte l’anno. Nelle mie mani, tutto ciò a cui venivano ridotti erano frenetici tentativi di stiraggio delle camicie che il mio ragazzo indossa ai matrimoni. Ma questi ruoli di genere appartengono al passato ed è giusto che lì rimangano. Amore come ammorbidente della propria emancipazione.

Perché?

Non disprezzo l’atto di stirare solo per questioni di parità di genere, ma soprattutto perché non riesco a capirne il senso. Se appendo i panni per farli asciugare, dopo non somigliano ad un cucciolo di Shar Pei. Sbatto le magliette prima di appenderle allo stendino. I jeans non sono un problema e le due camicie in mio possesso vengono appese alla gruccia. In questo modo sono meno spiegazzate di quando tento di stirarle. La biancheria da letto è comunque già stropicciata dopo la prima notte e quindi non viene stirata. E poi c’è quel fatto della biancheria intima... qui sì che sfioriamo l’assurdo. A lungo ho pensato che le persone che stirano la biancheria intima fossero solo figure mitologiche. Fino a quando non le ho incontrate personalmente. A prima vista non si nota il loro disturbo. Ma è evidente che abbiano un disturbo, sennò perché mai dovrebbero stirare cose che neanche si vedono quando indossate? Sono spinti dal timore di essere giudicati per la canottiera stropicciata, se per caso dovessero finire al pronto soccorso? O vogliono fare bella figura con la mutanda stirata davanti ad un potenziale partner? Non me lo so spiegare.

I miei panni non stirati hanno meno pieghe di questo cucciolo di Shar Pei.
I miei panni non stirati hanno meno pieghe di questo cucciolo di Shar Pei.

Vivo in armonia con le pieghe. L’apparente imperfezione non mi tange, non mi irrita. Non mi sento inferiore se la mia camicia ha una piega nella manica. Le pieghe nei vestiti simboleggiano la gioia di vivere, proprio come lo fanno le rughe sul viso. Mentre tu perdi tempo a stirare, io e le mie rughe d’espressione ci godiamo già una fresca birra post-lavoro. Brindiamo insieme a quelli che non notano che la tua mutanda è stirata e la mia no. E se dovessero notarlo, non mi rimane che salutare e dire che non sapremo mai cosa si prova a condividere una profonda amicizia.

Liberati dalla sofferenza autoinflitta

Ammetto di acquistare capi di facile manutenzione, in tessuti che dopo un lavaggio in lavatrice non ricordano un foglio accartocciato. Per me è semplice questione di intelligenza. Non mi complico la vita inutilmente – lo è già di suo. Faccio a meno di ogni faccenda insoddisfacente non strettamente necessaria. La sofferenza autoinflitta non serve a niente. Preferisco dedicarmi ai miei interessi. Per amore della trasparenza, devo ammettere che ci sono stati casi in cui le pieghe erano troppo da sopportare persino per me. Tenere la camicia in uno zaino da trekking per tre settimane non ha dato buoni risultati. Ma anche in casi come questo non ricorro al ferro da stiro. Un asciugacapelli è sufficiente: basta tendere l’indumento e lasciar fare il resto all’aria calda. Il risultato non sarà perfetto, ma è presentabile.

Non bisogna temere le pieghe

Non condanno chi stira. Forse per alcune persone è davvero un piacevole passatempo. Forse i vestiti perfettamente stirati per alcuni sono la rappresentazione di una solida autostima. Forse l’atto di stirare scaturisce sensazioni di benessere in alcuni. Va bene tutto. Voglio solo dare uno spunto di riflessione. Non bisogna per forza perpetuare concetti e faccende solo perché apparentemente sono la norma. Ci si può chiedere quale sia il senso. Si può mettere il piacere prima del «dovere». E si può lasciare l’asse da stiro in un angolo. Dopo un massimo di 30 minuti seduti, siamo comunque tutti uguali.

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Ampliare i miei orizzonti: si riassume così la mia vita. Sono curiosa di conoscere e imparare cose nuove. Le nuove esperienze si nascondono ovunque: nei viaggi, nei libri, in cucina, nei film o nel fai da te.


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