Retroscena

«La teoria della classe agiata» spiegava il comportamento irrazionale dei consumatori già nel 1899

David Lee
30.7.2019
Traduzione: Leandra Amato

Anche se continuo a voler convincermi del contrario, raramente compro qualcosa solo per il suo uso pratico. Già nel 1899, Thorstein Veblen analizzò nella sua opera «La teoria della classe agiata» ciò che si nasconde dietro al nostro comportamento di consumo. Che lo si voglia o no, il libro ha un carattere satirico e vale ancora oggi la pena di leggerlo.

Perché continuiamo a comprare cose che non ci servono? La domanda è stata sollevata dal collega Kevin Hofer qualche tempo fa.

  • Retroscena

    Perché compriamo cose che non ci servono?

    di Kevin Hofer

Esistono spiegazioni molto diverse che vanno dalle cause psicologiche, sociali fino a quelle economiche. Thorstein Veblen aveva già formulato una teoria completa su questo argomento intorno al 1899. Una teoria che lo ha portato ad avere un numero incalcolabile di nemici. Non perché fosse palesemente sbagliata, ma perché conteneva osservazioni spiacevoli che nessuno voleva sentire. Nella sua lingua originale, il libro si intitola «The Theory of the Leisure Class», in italiano «La teoria della classe agiata».

The Theory of the Leisure Class (Inglese, Martha Banta, Thorstein Veblen, 2009)
Libro specialistico
CHF19.70

The Theory of the Leisure Class

Inglese, Martha Banta, Thorstein Veblen, 2009

Sebbene Veblen fosse un economista, oggi si preferisce classificare il suo lavoro come sociologia o addirittura come non scientifico, in quanto non contiene prove sotto forma di numeri, statistiche e studi. È una teoria che nasce dal suo stesso intelletto, un mondo di idee, come le idee di Freud, Marx (anche lui economista) o Darwin. A volte sembra addirittura una satira sociale.

L'idea di base è semplice: la gente compra cose per sostenere il proprio status sociale. Il possesso di alcuni oggetti segna infatti l'appartenenza a una certa classe. Questa scoperta non sorprende nessuno: il concetto è noto oggi a tutti con il termine «status symbol». O forse grazie alla citazione, molto più vecchia del film «Fight Club»:

Compriamo cose che non ci servono con soldi che non abbiamo per impressionare gente che non ci piace.

Veblen sviluppa da questa idea una teoria completa, con la quale spiega i più diversi aspetti del comportamento umano. Oltre ai comportamenti dei consumatori, questi aspetti includono la posizione delle donne nella società, i dettami della moda e gli ideali di bellezza, l'esaltazione della guerra, la caccia e la violenza, i riti religiosi o il motivo per cui gli abitanti delle città sembrano più alla moda di quelli delle campagne.

L’ozio vistoso

Secondo Veblen, esiste una classe privilegiata in tutte le società umane – ad eccezione dei primissimi popoli primitivi – che tende a sfoggiare la sua superiorità. Ciò che cambia nel tempo sono i metodi con cui viene messo in evidenza il potere.

In epoca preindustriale, ad esempio, i beni sono molto pochi rispetto a oggi. Anche i privilegiati, quindi, possiedono solo poche cose. Il loro privilegio consiste soprattutto nell’avere servitori in casa. In altre parole: il privilegio di non dover lavorare.

Questo privilegio viene difeso, sebbene non principalmente per pigrizia. Secondo Veblen, ogni essere umano possiede infatti un «istinto di operosità» per natura, che lo spinge a voler fare qualcosa. Ma di fatto sono le convenzioni a vietarlo. Questo sfoggio dell’oziosità serve soprattutto a dimostrare potenza e prestigio. Di conseguenza, «non basta possedere semplicemente ricchezza o potenza. Ricchezza o potenza devono essere messe in evidenza, poiché la stima è concessa solo di fronte all’evidenza».

Veblen lo chiama l’«ozio vistoso».

Ora, è anche possibile che qualcuno sia solo superficialmente pigro e lavori in segreto come un pazzo. La difficoltà per i membri della classe più elevata è quindi quella di dimostrare che non fanno nulla di produttivo anche quando sono soli. La soluzione: dimostrano abilità in cose che non sono produttive, ma che richiedono molto tempo per essere imparate, ad esempio suonare gli strumenti, apprendere forme sofisticate di cortesia o l'arte della conversazione. Coloro che padroneggiano abilità che non sono affatto necessarie per la sopravvivenza dimostrano di avere molto tempo libero.

Il Weimarer Musenhof, dipinto di Theobald von Oer, 1860
Il Weimarer Musenhof, dipinto di Theobald von Oer, 1860

Livello successivo: domestici che non fanno nulla

I privilegiati, naturalmente, cercano di superarsi a vicenda. Ecco perché l'ozio vistoso assume rapidamente forme assurde. Chi se lo può permettere assume più domestici di quanto sia necessario per alleggerire il carico di lavoro, poiché anche questo aspetto rappresenta un simbolo di ricchezza. Di conseguenza, anche tra i domestici vi sono coloro che non svolgono un lavoro produttivo – e questi si trovano generalmente in cima alla gerarchia della servitù.

Anche loro, tuttavia, ricevono naturalmente compiti da eseguire, affinché tutti vedano che sono anch’essi membri del personale domestico. Ma è vero anche che più tale mansione è superflua, più essa testimonia la ricchezza e il potere del padrone di casa. Ad esempio, se un domestico di grado più elevato ha il compito di ricevere gli ospiti, questi non porterebbe mai le loro valigie in quanto vi è un dipendente di grado inferiore incaricato di svolgere questa attività. Con un comportamento così cerimonioso, il padrone di casa dimostra di potersi permettere qualsiasi spreco di personale. Tanto più assurdo, tanto meglio!

Capitalismo: beni al posto del personale

Nel capitalismo e nell'era industriale, i beni ottengono uno status molto più elevato. Da un lato, perché esistono più beni di valore e ci si può distinguere più facilmente dagli altri; dall’altro, perché questi beni includono anche macchine che svolgono il lavoro al posto delle persone e rimpiazzano il personale. La ricchezza viene sempre più definita come un accumulo di beni. La teoria del valore, una teoria economica del XIX secolo, si adatta perfettamente a questo contesto. Secondo questa teoria, il valore di un bene consiste nel tempo di lavoro impiegato per produrlo.

Le merci sono quindi, per così dire, il risultato del lavoro dei dipendenti. Di conseguenza, anche i beni devono diventare un lussuoso spreco se la persona interessata desidera ostentare la propria ricchezza e potenza. Quello che ne consegue è chiaro: si acquistano prodotti non sebbene siano futili, ma proprio perché lo sono. L'acquirente dimostra in questo modo di essere abbastanza ricco da permettersi cose inutili. Ecco come nasce il consumo ostentativo.

Naturalmente, pochissimi status symbol sono del tutto inutili, ma, sorprendentemente, molti possiedono una componente irrazionale. Ad esempio, Veblen osserva la preferenza dei ricchi per i prodotti realizzati a mano, non perché siano migliori di quelli fabbricati a macchina, ma semplicemente perché sono più costosi. Secondo la sua teoria, questi prodotti vengono acquistati principalmente perché non tutti possono permetterseli.

Il buongusto

Per consolidare l'appartenenza a una classe privilegiata, è importante che lo spreco sia conforme alle norme sociali. Quindi non si tratta solo di gettare il denaro dalla finestra con entrambe le mani, ma di farlo nel modo più elegante e alla moda possibile. Veblen dedica pertanto un capitolo dettagliato alle questioni legate all’estetica e al gusto.

Gli oggetti fatti a mano sono spesso belli, ma non è questo il vero motivo per cui la gente li desidera. Sono ambiti perché sono costosi, a causa della «nostra preferenza per ciò che è dispendioso, a cui noi mettiamo la maschera della bellezza».

In generale, Veblen osserva che molte cose sono considerate belle perché sono costose, e non il contrario. Dei fiori che sono oggettivamente belli ma che crescono ovunque, e sono quindi a disposizione di tutti, sono considerati delle erbacce. In compenso, gli animali domestici brutti ma rari sono classificati come belli: «Molte persone considerano belle anche quelle razze di cani che qualche amante dei cani ha allevato fino a sfigurarle completamente. In tali razze [...] il valore estetico è approssimativamente proporzionale al grado di assurdità e alla volubilità delle rispettive mode responsabili dell'allevamento di tali aborti». Il motivo: «Il valore commerciale di queste orrende creazioni deriva dagli elevati costi di produzione».

Il Lhasa Apso – un cane la cui qualifica chiave è quella di essere costoso
Il Lhasa Apso – un cane la cui qualifica chiave è quella di essere costoso
Fonte: wikimedia.org/Ltshears

L'abbigliamento gioca un ruolo di primo piano nelle questioni di gusto; il valore di utilità, al contrario, un ruolo completamente secondario. La moda è particolarmente adatta al concetto di consumo ostentativo, perché rende immediatamente visibile l'appartenenza a una classe. I vestiti delle classi più elevate sono sempre disegnati in modo tale da rendere impossibile il lavoro fisico. In questo modo la classe agiata prende due piccioni con una fava: consumo e ozio ostentativi.

Dalla rivista femminile americana «The Delineator», 1906
Dalla rivista femminile americana «The Delineator», 1906

Il consumo di beni inutilmente costosi, che corrispondono agli standard del buon gusto, non riguarda solo gli oggetti messi in evidenza, ma anche beni come la biancheria intima o gli articoli domestici. Le persone agiscono inconsciamente secondo questo modello e acquisiscono un modo generale di pensare e di comportarsi che interessa tutti gli ambiti.

Consumo ostentativo in tutte le classi sociali

Il consumo ostentativo non si limita solo alle classi più ricche. Anche per i più poveri conta molto non apparire troppo poveri. «Nessuna classe, nemmeno la più povera, è in grado di rinunciare totalmente al consumo ostentativo», scrive Veblen. Piuttosto lasciano che i loro parenti soffrano di dolorosi stenti e sacrifici. Secondo Veblen, ogni classe non prova invidia per la classe dominante, bensì per quella immediatamente superiore, in quanto questa si offre a un confronto diretto, e il «confronto invidioso» è la forza trainante del consumo ostentativo.

In campagna si assiste a un minore consumo ostentativo rispetto alla città, poiché le persone non solo si conoscono bene tra di loro, ma sono anche a conoscenza della situazione finanziaria di ognuno. Pertanto, in campagna è difficile, se non inutile, far credere agli altri di possedere ricchezze inesistenti. In città è diverso. Qui è importante mettere immediatamente in evidenza la classe a cui si appartiene attraverso le apparenze.

In questo senso, quindi, il consumo ostentativo non è affatto irrazionale, bensì è mosso da uno scopo economico. La propria situazione finanziaria dipende in larga misura dai circoli in cui ci si muove, e questo richiede semplicemente l'acquisto di determinati status symbol. Lo stesso vale ancora oggi: il banchiere d'investimento deve farsi vedere dai suoi migliori clienti a bordo di un'auto dal valore spropositato – ma alla fine questo investimento si ripagherà fino all’ultimo centesimo.

La posizione della donna

Veblen ritiene che le prime classi sociali che si sono sviluppate nella storia dell'umanità siano nate dalla divisione del lavoro tra uomo e donna. Il lavoro degli uomini consisteva originariamente nella caccia e nella guerra, i compiti delle donne includevano invece la ricerca e raccolta del cibo. Dal momento che solo il lavoro dell'uomo era pericoloso, era anche il solo a essere considerato eroico. Allo stesso tempo, il lavoro degli uomini richiedeva brutalità e carattere predatorio. Queste qualità hanno predestinato l'uomo a opprimere il sesso femminile.

Vi era pertanto «ragione di credere che la proprietà fosse originariamente la proprietà di individui, specialmente di donne. I motivi di questo fenomeno erano probabilmente 1) l'inclinazione al dominio e all'esercizio della coercizione, 2) il valore delle donne come testimoni viventi del coraggio e 3) l'utilità del loro lavoro».

In una frase Veblen riassume i motivi del classico comportamento maschilista. Lo trovo notevole, considerato il fatto che l'autore ha vissuto in un’epoca estremamente di stampo patriarcale; ciò dimostra quanto fosse indipendente il suo pensiero.

Veblen ha anche riconosciuto che l'ideale di bellezza della donna si adatta al compito che il mondo maschile le assegna. Finché gli uomini vedono le donne prima di tutto e soprattutto come lavoratrici, queste devono essere «di bella presenza e dalla mente rozza», senza che ciò crei il minimo scalpore. In una società, invece, dove l'ozio ostentativo si estende anche alla donna, essa deve apparire piacevolmente tenera, snella o addirittura fragile. In queste società il corsetto diventa estremamente popolare, non solo perché rende impossibile qualsiasi lavoro produttivo, ma anche perché sottolinea le fattezze di un corpo fragile.

Moda parigina del 1907, da indossare naturalmente solo per la donna non attiva lavorativamente
Moda parigina del 1907, da indossare naturalmente solo per la donna non attiva lavorativamente

Un libro curioso ma stimolante

Il libro di questo singolare misantropo non è sicuramente da intendere come portatore di verità assoluta. Si compone principalmente di affermazioni per cui l'autore seleziona esempi e aspetti che rientrano nel suo concetto, mentre ne ignora o ne relativizza altri. Tuttavia, per ampi tratti la teoria risulta convincente e chiunque troverà anche ai giorni nostri esempi adatti a sostenerla.

Con la sua teoria, Veblen si mise contro tutti i circoli influenti dell’epoca: i ricchi, i nobili che non lavorano, i politici, la Chiesa, e anche gli eruditi, ai quali egli stesso apparteneva. Nel suo libro, Veblen non risparmia neppure il mondo universitario. Non sorprende quindi che l'autore sia morto completamente solo e impoverito.

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Il mio interesse per il mondo IT e lo scrivere mi hanno portato molto presto a lavorare nel giornalismo tecnologico (2000). Mi interessa come possiamo usare la tecnologia senza essere usati a nostra volta. Fuori dall'ufficio sono un musicista che combina un talento mediocre con un entusiamso eccessivo. 

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