
Retroscena
Dobbiamo parlare un'ultima volta, Thermomix
di Luca Fontana
Le librerie aperte con esemplari smistati dai loro precedenti proprietari mi interessano più di uno scaffale composito nel soggiorno. Hanno fascino e raccontano storie che vanno oltre il contenuto.
Da un lato, amo i libri. L'odore della carta, il fruscio sensuale quando si girano le pagine e l'intimità che nasce quando si legge: nessun altro mezzo mi permette di immergermi così direttamente nella mente degli altri, essere del tutto nei miei pensieri eppure completamente altrove. Senza la distrazione di immagini, pubblicità e colonne di commenti. Dall’altro lato, non faccio fatica a separarmi dai libri. Non devono restare con me. In questo senso sono razionale. Almeno, finché lo spazio è un criterio decisivo e non ho una stanza con camino e annessa parete di libri che i miei eredi avranno il piacere di sgomberare un giorno.
Fino a quel momento, i libri possono andare e venire. Le biblioteche servono a questo. Prendere in prestito, leggere, estendere il periodo di prestito, primo sollecito, finire di leggere, restituire. Il contenuto, se buono, rimane nella mente. Il libro torna indietro. Semplice. È in qualche modo liberatorio, quando non c'è più spazio per un «allevamento adeguato alla specie» sullo scaffale di famiglia pieno. I libri hanno bisogno di spazio per avere effetto, ben venga anche pubblico. Sono fatti per avere luogo, per stimolare il pensiero e lo scambio. Ecco perché mi piacciono le librerie esterne e aperte a tutti quasi meglio delle biblioteche.
Cabine telefoniche riconvertite, dove le conversazioni sono cessate da tempo, riempite fino all’orlo di pensieri stampati. Borse sulle recinzioni che offrono un colorato buffet di libri. Armadi vetrati che intrigano con pagine da scoprire. Questi non sono solo meravigliosi sprazzi di colore in qualsiasi quartiere, ma anche una dichiarazione. Un bel contrasto con la nostra vita quotidiana, in cui per lo più guardiamo smartphone che sembrano tutti uguali. Una libreria appare colorata e personale, porta un'atmosfera da salotto nello spazio pubblico e salva un pezzo del vecchio mondo.
Bisogna fermarsi e prendersi il tempo per cercare, senza sapere se si troverà quello che si sta cercando. Nessun algoritmo aiuta in questo. Ma la curiosità che viene suscitata, anche nei bambini. Ricordo le ore di sole su un prato di Monaco che passavamo leggendo insieme come famiglia perché c'era una libreria accanto alla gelateria. Più recentemente, in Austria, una vetrina in un paesaggio innevato mi ha invogliato a dare uno sguardo e a rimanere: «Hock di ufs Bänkle und lies a Kläle!» (Siediti sulla panchina e leggi un po’). Forse mi piacciono le librerie perché ci associo le vacanze e il tempo libero. Ma certamente anche perché risolvono un altro problema.
I libri non sono carta straccia. Buttarli via è fuori questione. Non vale la pena di venderli e non riesco a lasciarli sul ciglio della strada affinché qualcuno, forse, se li porti a casa. Questo sembra sbagliato quasi come abbandonare un animale domestico. E se comincia a piovere o un paio di adolescenti li calcia nel cespuglio più vicino? E se nessuno li prende e devo riportarmeli a casa? Neanche questa è una bella sensazione. Il mio ex datore di lavoro aveva uno scaffale di scambio dove potevo mettere i vecchi libri con la coscienza pulita. Lì, per il momento, trovavano nuova compagnia e forse persino nuovi lettori, invece di giacere soli sull'asfalto. Meritano di stare in un ambiente dignitoso. Come quello offerto da tutte le librerie aperte che abbondano in Svizzera, in Germania e in Austria. In queste librerie, anche i romanzi da quattro soldi ormai consumati contribuiscono a formare un insieme interessante. Valorizzano gli oggetti scartati invece di svalutarli.
Ogni libreria privata non è che una bolla che riflette il mondo e l'immagine di chi la possiede. A cosa dedichiamo tempo, ciò che riceviamo come regalo o raccomandazione, dipende da chi o cosa ci piace già. Nelle biblioteche i generi sono ordinatamente separati, gli autori sono disposti in ordine alfabetico, tutto ha un sistema. Una libreria fornisce una diversità che può essere irritante e stimolante. Mentre nella libreria del collega Oliver Fischer battibeccano Goethe e Bukowski, vorrei sapere cosa hanno da dirsi Bibi Blocksberg e Leni Riefenstahl.
Nelle librerie c’è posto per gli emarginati letterari. Qui prevale la forma più sincera di scambio, che non è curata e a volte impegnativa. Tra storie che rivelano diverse visioni del mondo e preferenze o semplicemente tengono lo spirito dei tempi racchiuso tra le copertine – nel caso in cui interessasse a qualcuno nel 2022. «Wo der lachende Mond weint» aspetta i lettori insieme a «Il grande ABC degli indovinelli» e «L’estraneo». Prendo la copertina rosso porpora etichettata «Kino» e nella mia mente prendono subito forma delle immagini.
Da quale tenuta, da quale pensile rustico proviene questa sleppa? In ogni caso, da un'epoca in cui il cinema era ancora grandioso. Comincio a sfogliare. Leggo come la commedia viene trattata con sacra serietà e come la sua tradizione viene fatta risalire al teatro messicano dei tempi precolombiani. E vedo nella mia mente un signore anziano con gli occhiali con la montatura di corno e un golfino, che a metà degli anni Ottanta, dopo il lavoro, si immerge nella lettura, prima che questa diventi un inventario della sua vita.
Ora che la ripongo nell'armadio mi chiedo quando sono stato al cinema l'ultima volta. E che vita conduce Karl, che ha lasciato una dedica sul prossimo libro che prendo in mano. È per un fratello dell’«Ordine dei Cavalieri di San Costantino e Sant’Elena». Certamente una coppia diversa di quella sulla copertina di «Liebe auf dem Pulverfass», che mi riporta agli anni Settanta, prima che metta le mani sulla storia del crimine con «Jahrhundertmorde», true crime degli anni Novanta. Alla fine, però, porto con me un altro libro che trovo piuttosto coinvolgente: ha trent'anni ed è spaventosamente attuale.
Che si tratti di podcast, serie o libri: ci siamo abituati ad avere sempre il prossimo bocconcino davanti al naso. «Potrebbe piacerti anche questo». Spesso addentiamo. Le cose non attuali hanno poche possibilità di essere viste, sentite o lette completamente; al massimo, servono come riferimento o nota a piè di pagina. In questa libreria a Vorarlberg, tuttavia, nulla viene promosso o messo in evidenza, nessun libro si erge sopra gli altri o brilla con adesivi di bestseller. All'inizio penso che non troverò nulla, ma poi scopro qualcosa che mi intriga abbastanza da volerlo leggere. Il libro che ho in mano è «Wege zum Gleichgewicht – ein Marshallplan für die Erde» di Al Gore, pubblicato nel 1992.
Avevo 11 anni all'epoca, non conoscevo ancora il futuro vicepresidente degli Stati Uniti e attivista per il clima, e il mondo era un posto completamente diverso da quello che è oggi. È proprio per questo che mi prende. Sono passati 30 anni dall'uscita del libro e voglio conoscere la sua visione del mondo e del futuro nei primi anni Novanta. Troppo drammatica? Troppo ottimista? Piuttosto accurata, devo dire. Non solo in termini di fatti e cifre sul cambiamento climatico causato dall'uomo. Qui nessun grafico e nessuna cifra sono stati aggiornati per tre decenni. E tutto è spaventosamente attuale – tranne che è passato molto tempo da allora. Anche le figure retoriche calzano a pennello: «L'uomo non è diverso da una rana da laboratorio che salta immediatamente fuori da una pentola di acqua bollente, ma rimane seduta in essa se l'acqua viene riscaldata gradualmente». Trent’anni dopo, siamo ancora seduti lì. Intorno a me, a metà febbraio, ci sono 14 gradi e la neve si sta sciogliendo. Continuo a leggere quello che sapevamo già l'altro ieri. Grazie alla libreria.
In maniera caotica, cronologica, alfabetica, geografica, autobiografica, tematica o per colore, dimensione, umore? Ogni persona ha il suo modo di organizzare una libreria. Le redattrici e i redattori di Galaxus ci mostrano il loro. La prossima: Pia Seidel.
Semplice scrittore, doppiamente papà, che ama essere in movimento e destreggiarsi nella vita familiare quotidiana, come un giocoliere che lancia le palline e di tanto ne fa cadere una. Può trattarsi di una palla, di un'osservazione, o di entrambe.