Retroscena

Finalmente, anche in Svizzera si può bere del buon caffè

Simon Balissat
11.1.2021
Traduzione: Leandra Amato

È arrivata la terza ondata! No, non sto parlando del virus: questa volta si tratta del caffè. Grazie a piccoli torrefattori e a baristi intraprendenti, la Svizzera si è finalmente messa in pari con il resto del mondo.

«Due caffellatte con la tostatura di questo mese, per favore», chiede una giovane donna a una finestrella, nella Goldbrunnenplatz di Zurigo. Ha le radici dei capelli colorate come Billie Eilish. La sua amica si nasconde sotto un grande cappuccio. Chiacchierano di ragazzi, di stress da esami e della depressione che fanno venire. Due ragazze normalissime che prendono un caffè da Starbucks, insomma. Solo che la finestra take-away non appartiene a un negozio della grande catena americana, ma a ViCafe, che ha preso d'assalto Zurigo e Basilea. ViCafe ha abbandonato la moca e il Pumpkin Spice a favore di caffè provenienti da una serie di coltivazioni selezionate con estrema cura. Qui non troverai sciroppi dolci, ma latte e alternative a base di piante. «Conosciamo personalmente il 90% dei nostri coltivatori di caffè», aggiunge il direttore, Ramon Schalch, che ha avviato il bar a Goldbrunnenplatz con successo sei anni fa. Oggi ne esistono sei a Zurigo, due a Basilea e uno a Eglisau. «In Svizzera è decisamente arrivata la terza ondata. Come al solito, siamo un po' indietro quando si tratta di tendenze», continua Ramon.

Ramon Schalch, direttore del ViCafe
Ramon Schalch, direttore del ViCafe

Non parla della pandemia, ma della terza ondata di cultura del caffè. È un movimento che intende il caffè come un lusso – alla pari del vino – piuttosto che come una semplice bevanda da consumare sul posto di lavoro. L’origine dei chicchi di caffè è trasparente e le bevande vengono preparate in base al tipo di chicco utilizzato. La terza ondata ha rinunciato agli appiccicosi sciroppi di vaniglia e alle combinazioni cioccolato-panna già da tempo. Dopo aver preso piede negli Stati Uniti al volgere del millennio, la tendenza si è affermata in Svizzera solo negli ultimi due o tre anni.

Tre ondate, tre ideologie

Prima ondata, intorno al 1900: il caffè economico inonda il mercato

Alla fine del 19° secolo, nel mondo occidentale, da prodotto di lusso il caffè diventa prodotto di massa. La qualità non è importante: non è altro che un veicolo per consumare caffeina. Chicchi di bassa qualità, macinati e confezionati in lattine, consumati a litri sotto forma di caffè filtrato. Il caffè si beve per fare il carico di energia e a nessuno importa che sia buono o meno.

È proprio durante la prima ondata che in Italia nasce la macchina da espresso, che rivoluziona il mondo del caffè, quando Angelo Moriando cerca una soluzione per abbreviare il lungo processo di preparazione del caffè filtro. Nel 1884 brevetta una macchina che spinge l'acqua attraverso i fondi di caffè a bassa pressione. 22 anni dopo, Desiderio Pavoni brevetta la «macchina da caffè espresso», una macchina a bassa pressione alimentata a vapore. Il risultato è un caffè bruciato, amaro e acquoso. Di crema, non se ne parla nemmeno.

Il primo strato di schiuma arriva con la macchina da caffè di Achille Gaggia, nel 1938. Azionata a mano, usa l'acqua al posto del vapore a una pressione (ormai comune) di 8-10 bar. Mentre gli italiani iniziano ad apprezzare questo nuovo tipo di caffè, il resto del mondo è rimasto all'età della pietra (della caffeina). Ma l'Italia è troppo piccola per lanciare una rivoluzione del caffè. Per questo ci vogliono gli Stati Uniti e un astuto europeo.

Seconda ondata, dal 1966: un europeo guida la carica

Alfred Peet è un immigrato olandese così sconvolto dalla pessima qualità del caffè acquoso servito negli anni '60 negli Stati Uniti che decide di aprire un bar. Grazie a suo padre, commerciante di caffè ad Amsterdam, Peet sa riconoscere un buon caffè. Perlomeno, le caffetterie e i torrefattori in Europa hanno qualche requisito di qualità; negli Stati Uniti, contano solo la quantità e il prezzo. Quando apre il «Peet’s Coffee Bar» a Berkeley (California) nel 1966, ha le idee molto chiare:

Negli Stati Uniti è difficile trovare un buon caffè, perché il paese non acquista chicchi di qualità. Niente di più, niente di meno. Cercano sempre di vendermi i chicchi che vendono anche a tutti gli altri, ma questo è proprio ciò che voglio evitare. Se faccio quello che fanno gli altri, allora il mio progetto non ha senso di esistere.
Alfred Peet

E così Peet inizia a tostare i chicchi. I suoi caffè intensi e aromatici diventano leggendari: ben presto, oltre alle bevande, si ritrova a vendere anche i chicchi stessi. Nel 1971, Peet è il primo fornitore di caffè verde per la start-up, fondata dagli amici Jerry Baldwin, Gordon Bowker e Zev Siegl, che prende il nome del primo ufficiale nel romanzo «Moby Dick» di Herman Melville: Starbucks. La start-up di Seattle apre un negozio dopo l'altro, per lo più vicino a piccoli caffè popolari. La strategia funziona: Starbucks li spinge fuori dai centri delle città americane. La qualità e l'individualismo, sotto forma di sciroppi zuccherini, riescono a farsi strada.

L’origine della seconda ondata: Peet's Coffee Bar (c) Peets.com
L’origine della seconda ondata: Peet's Coffee Bar (c) Peets.com

La Svizzera e il suo café crème

Mentre Peet e Starbucks danno inizio a una rivoluzione del caffè negli Stati Uniti con la seconda ondata, la Svizzera è ancora abbandonata a se stessa. A eccezione del Ticino, che subisce la forte influenza della cultura del caffè nella vicina Italia, in Svizzera si continua a bere il caffè filtro o filtrato. Finché Arthur Schmed inventa la macchina da caffè automatica (in tedesco) nel 1985 e così annuncia la seconda ondata in Svizzera, che si presenta sotto forma di «café crème»: più forte e aromatico del caffè filtro, ma non così corto e denso quanto l'espresso italiano. Il «café crème» è ancora oggi ampiamente riconosciuto come – discutibile – standard della cultura svizzera (romanda e tedesca) del caffè. Nonostante i ristoranti e i bar italiani servano l'espresso da veri e propri portafiltri sin dagli anni '90, i ristoranti svizzeri più tradizionali rimangono fedeli al caffè acquoso della macchina automatica. Il prezzo di un «café crème» è addirittura diventato un indice finanziario. La versione svizzera del «Big Mac index» dell'Economist, che confronta il prezzo medio del caffè tra i cantoni di lingua tedesca e dà un'indicazione della ricchezza delle cittadine e dei cittadini svizzeri, trasformando i fondi di caffè in cifre concrete. «Cafetier Suisse» riporta che il prezzo medio di un «café crème» è aumentato del 6% in tutto il paese tra il 2014 e il 2019, passando da 3.97 a 4.21 franchi. Nel frattempo, i salari reali dei residenti svizzeri sono aumentati solo di circa il 3,5% nello stesso periodo. Non ci è dato sapere se anche la qualità media del caffè sia aumentata del 6%.

La svizzera esporta più caffè che cioccolato e formaggio

Il caffè non è importante solo nell'economia svizzera; è anche importante per la sua economia. Le macchine da caffè di Starbucks vengono prodotte da Thermoplan a Weggis, nel Canton Lucerna. Schaererer, Franke, Solis, Egro, Jura, Saeco, Cafina, HGZ... la lista dei produttori svizzeri di macchine da caffè è lunga e i loro prodotti sono utilizzati in tutto il mondo. E non abbiamo ancora menzionato il più grande: Nespresso. Tre fabbriche nella Svizzera romanda producono l'intera fornitura mondiale delle sue popolari capsule. Nespresso è una delle ragioni per cui la Svizzera oggi è una delle «Big Player» nel commercio del caffè. Le esportazioni sono più significative di quelle del cioccolato o del formaggio – prodotti che di solito, all'estero, vengono associati alla Svizzera. Se l’invenzione della macchina automatica ha dato il via all'inizio della seconda onda[ta] in Svizzera, le capsule ne segnano decisamente il picco. Dai centri di ricostruzione unghie ai laboratori di falegnameria e alle agenzie di viaggio: i portacapsule Nespresso sono un dei pilastri delle PMI svizzere, ed è proprio la «potente pompa a 19 bar» che li aiuta ad andare avanti ogni giorno.

Nepresso non trova subito il successo. Il sistema viene inventato e brevettato dal dipendente Nestlé Eric Favre nel 1976. Per cominciare, è troppo costoso e complicato. I tentativi iniziali di prendere piede in Svizzera e in Giappone falliscono. Le macchine sono troppo costose e i clienti non sono ancora pronti a utilizzarle. Nestlé vuole abbandonare il progetto, quando Jean Paul Gaillard entra a far parte del gruppo alla fine degli anni '80. La sua soluzione è semplice ma geniale: vendere le macchine Nespresso a un prezzo più basso e permettere ai produttori esterni di assemblarle. Per recuperare la differenza, Gaillard aumenta il costo delle capsule. E poiché Nepresso ne custodisce gelosamente il brevetto, guadagna su ogni tazza di caffè preparata con una capsula.

Terza ondata, dal 2000: un caffè equo, sostenibile e lussuoso

Mentre la frenesia della capsula inizia a prendere piede con il nuovo millennio, la terza ondata della cultura del caffè si sviluppa negli Stati Uniti. Trish Rothgeb conia il termine stesso in un articolo della newsletter per Roasters Guilde, in cui descrive un viaggio a Oslo e come i baristi locali infrangano le regole. Tostature più leggere per l'espresso, tempi di estrazione più brevi e chicchi «Single Origin» da una sola piantagione. L'approvvigionamento equo e solidale è un elemento fondamentale della terza ondata, così come micro o piccole tostature che lavorano quantità ridotte.

Rothgeb pensa che la terza ondata della cultura del caffè sia ormai prossima alla fine, ma che abbia raggiunto la Svizzera solo pochi anni fa. Cinque anni fa ho scritto una rubrica sul Badener Tagblatt su quanto fossero cattivi i caffè nella mia città natale. Da allora, alcune anime coraggiose come «Gap’s Cup» hanno osato cavalcare la terza ondata nella cittadina. È un segno che il trend del caffè è arrivato oltre i grandi centri, come Zurigo e Basilea.

Zurigo è già da tempo in competizione sulla scena internazionale. Per citare solo tre esempi, Emi Fukahori del Café Mame ha vinto un titolo mondiale nel 2018; Milo Kamil gestisce il Coffeelab da dieci anni e insegna agli interessati tutto ciò che c’è da sapere sul caffè; e Miro ha «conquistato» la regione con le sue tostature e «coffee trucks».

Emi Fukahori al Mame, nel quartiere Kreis 4 di Zurigo
Emi Fukahori al Mame, nel quartiere Kreis 4 di Zurigo

Quando si parla di caffè a Zurigo, si ritorna sempre a un nome: quello di Shem Leupin, capo torrefattore di Stoll e Campione svizzero di caffè nel 2013. «Ho fatto le mie prime esperienze come barista in Australia, dove il caffè aveva già preso piede alla grande. In retrospettiva, erano solo i primi passi. Poi l'amore mi ha portato a Zurigo e il resto è storia». Attualmente gestisce Coffee nel quartiere Kreis 4 di Zurigo, accanto alla sede Stoll. Negli ultimi dieci anni Leupin ha lavorato con i proprietari della famiglia Amann per rinnovare l'immagine dell’azienda, che fino a quel momento si era occupata principalmente di chicchi da «café crème» per le macchine da caffè automatiche. Leupin ha ampliato la gamma aggiungendo più di una dozzina di varietà. «Continuiamo a offrire i nostri classici, che sono rimasti praticamente invariati. La miscela della casa, Roma e Napoli sono sicuramente in questa categoria», spiega Shem Leupin. Tra le novità ci sono i caffè biologici di diverse regioni di coltivazione – tutti 100% Arabica – i cui chicchi provengono da una sola piantagione o cooperativa. Gli «Speciality Coffees» sono di altissima qualità, fruttati e hanno un carattere unico che, appunto, proviene da un’unica coltivazione. Di solito, queste «serie» vengono acquistate dagli appassionati direttamente nella torrefazione. «Siamo anche molto orgogliosi delle nostre capsule di caffè», dice Leupin. «Sono le uniche sul mercato compostabili in casa. Anche gli altri produttori definiscono le loro capsule compostabili, ma in realtà questo vale solo per il compost industriale, ovvero i rifiuti verdi».

Stoll Kaffee Napoli (500 g, Arrosto scuro)
Caffè in grani
CHF15.90 CHF31.80/1kg

Stoll Kaffee Napoli

500 g, Arrosto scuro

Stoll Kaffee Bolivia Organic (25 x Porta.)
Caffè in capsule
CHF17.27 CHF0.69/1x Porta.

Stoll Kaffee Bolivia Organic

25 x Porta.

Le capsule sono compostabili in casa
Le capsule sono compostabili in casa

A differenza del caffè singolo di Stoll, ViCafe ha bar espresso in tutta la città. Qui i consumatori possono comprare sia chicchi che caffè. La vendita avviene tramite una finestra sul marciapiede. «Fa parte del concetto», spiega il direttore Ramon Schalch. ViCafe è nato a Eglisau, nel Canton Zurigo, dal marchio Vivi Kola, che è stato rilanciato nel 2010. I fondatori hanno acquistato un tostacaffè per poter offrire il proprio caffè nel bar Vivi Kola di Eglisau. «Il fondatore, Christian Forrer, sapeva sin dall'inizio che la Cola non sarebbe stata sufficiente a fidelizzare i clienti del bar», spiega Ramon. «Dopo quattro anni, ha deciso di separare i prodotti. E così è nato ViCafe». Il concetto funziona. I loro bar si trovano in tutte le località migliori di Zurigo, come la Bahnhofstrasse, Bellevue e Münsterhof, e si riconoscono subito per le lunghe file di clienti che aspettano di essere serviti.

«Influenziamo l'intera catena del valore, ma dipendiamo anche da essa. Se compri del vino ed è cattivo, le cose sono due: o il viticoltore ha fatto qualche errore, o tu l'hai conservato in modo sbagliato. Noi invece compriamo i chicchi direttamente dai contadini, che possono sbagliare l'essiccazione o la fermentazione. Le cose possono andare storte anche con il trasporto, e tutto questo prima ancora che il caffè sia stato tostato», continua. «Alla fine, però, arriva nelle mani del barista, che può ancora rovinarlo pochi secondi prima che venga venduto». Shem Leupin di Stoll è d'accordo. «Prima che i sacchi vengano caricati sulla nave e trasportati oltreoceano, il fornitore invia un campione dei chicchi verdi per posta. Possiamo poi tostarli e confrontarli con i chicchi che sono stati sulla nave per qualche settimana». In questo modo, Leupin si assicura che i chicchi siano arrivati a Zurigo inalterati. Il maltempo durante il trasporto può danneggiarli, ma possono anche essere mescolati o sostituiti intenzionalmente con del cattivo caffè. «Se sul sacco c'è scritto Arabica, dentro devono esserci chicchi Arabica. Ci accorgiamo subito se qualcosa non va», dice Leupin.

Shem Leupin nello showroom di Stoll
Shem Leupin nello showroom di Stoll

Arabica vs. Robusta

Le due varietà di caffè più note sono l’Arabica e il Robusta (detto anche canephora). Mentre l'Arabica è più difficile da coltivare e da mantenere, il Robusta è... più robusto! Chi l'avrebbe mai detto? L'Arabica è più mite, aromatico e armonioso. I chicchi sono più piccoli e contengono fino a 800 aromi diversi, dagli agrumi alle note floreali e caramellate. I chicchi Robusta contengono meno oli e hanno una fonte genetica differente; ecco perché il loro sapore è completamente diverso. Si è detto che questa varietà abbia un gusto terroso, di noce e addirittura di pneumatico. Ecco perché paragonare i chicchi di due varietà di caffè diverse è come paragonare le mele con le pere. È impossibile. Il torrefattore Shem Leupin in genere preferisce l'Arabica, perché il Robusta ha un sapore molto più aspro e amaro. «Tuttavia questo è esattamente ciò che molti consumatori vogliono, ed è per questo che le nostre miscele di caffè classiche contengono sempre un po' di Robusta», aggiunge. Le tostature scure italiane spesso contengono una percentuale di Robusta. Le tostature di Robusta 100% erano considerate imbevibili fino alla terza ondata. La tendenza del «Fine Robusta» è emersa negli ultimi anni, dando alle sue piante la stessa attenzione fino ad ora riservata al più illustre fratello Arabica. Nuovi mix genetici e regioni di coltivazione migliori dovrebbero risvegliare il Robusta dal suo sonno profondo. Un vantaggio discutibile: il cambiamento climatico rende la coltivazione dell'Arabica sempre più difficile e un numero sempre maggiore di regioni di coltivazione sta scomparendo. Presto il Robusta potrebbe dover colmare un vuoto.

Shem stesso beve principalmente caffè filtro perché è il modo migliore per permettere agli aromi di svilupparsi. Ma attenzione, non stiamo parlando del caffè filtro acquoso tipico della prima ondata: la preparazione è minuziosa, quasi scientifica. Il caffè e l'acqua vengono pesati al grammo e la temperatura e il tempo di preparazione sono cruciali. Anche con l'espresso, Shem non lascia niente al caso. «Non preparo mai un espresso senza bilancia!».

Pionieri come Ramon Schalch e Shem Leupin hanno portato la terza ondata in Svizzera grazie ai loro concetti gastronomici e le loro tostature. Il caffè è diventato un hobby da praticare in casa. I macinacaffè e i portafiltri stanno sostituendo le macchine automatiche e Nespresso. Che si tratti di caffè filtro super economico macinato a mano oppure preparato con attrezzature di alta gamma che costano quanto un’auto di piccole dimensioni, il (buon) caffè è ora accessibile a tutti. «L’importante è divertirsi a prepararlo e scoprirne i sapori. A imparare poi ci si mette un attimo!», dice Leupin. Non è mai troppo tardi, perché «la terza ondata è appena iniziata; in Svizzera, è ancora un piccolo movimento», aggiunge Ramon Schalch di ViCafe. «In Australia, Starbucks si sta ritirando sempre di più per cedere il territorio a piccoli coffee shop». La Svizzera ha ancora molta strada da fare. I mulini macinano lentamente, ma macinano lo stesso.

Se vuoi saperne di più sulla storia di Nespresso, il Tagesanzeiger ne ha parlato in questo articolo (in tedesco). Per leggerlo, dovrai sottoscrivere un abbonamento.

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Quando 15 anni fa ho lasciato il nido di casa, mi sono improvvisamente ritrovato a dover cucinare per me. Ma dalla pura e semplice necessità presto si è sviluppata una virtù, e oggi non riesco a immaginarmi lontano dai fornelli. Sono un vero foodie e divoro di tutto, dal cibo spazzatura alla cucina di alta classe. Letteralmente: mangio in un battibaleno.. 


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